Il mirino punta un bambino iracheno, la madre gli ha passato quella che sembra una granata, si sta dirigendo verso un plotone di soldati americani. Chris Kyle (Bradley Cooper) deve decidere e deve farlo subito.
Parte un colpo, ma non atterra il bambino. Siamo in Texas, quello é il primo cervo abbattuto da Chris. Pacca sulla spalla del padre: un vero uomo sa come proteggere il gregge dai lupi. La specie umana si divide in tre categorie: le pecore, i lupi e i pastori. Chris è un pastore, suo fratello minore una pecora, destinata a restare senza gloria ed ad oscurarsi alla prima difficoltà.
Vangelo, Famiglia, Patria sono il suo mantra.
Diventa un grezzo cowboy e la sua vita gira a vuoto finché il senso del dovere non lo porta ad arruolarsi tra i SEAL, il corpo speciale : la sua specialità è il tiro di precisione.
Vangelo, Famiglia, Patria sono il suo mantra.
Diventa un grezzo cowboy e la sua vita gira a vuoto finché il senso del dovere non lo porta ad arruolarsi tra i SEAL, il corpo speciale : la sua specialità è il tiro di precisione.
C'è un "male" da combattere dall'altra parte del globo, quel male che ha attaccato il cuore della sua nazione nel fatidico 9/11.
E Chris non può sottrarsi al suo dovere.
Si è appena sposato con la donna della sua vita(quasi irriconoscibile Sienna Miller), ma non vede l'ora di partire per difendere il gregge.
Durante le missioni, compie azioni "gloriose", salvando molti dei suoi commilitoni stando appollaiato su un tetto col fucile puntato contro ogni ipotetico pericolo.
Uccide così tanti "nemici"(più di 200), da guadagnarsi il titolo di "leggenda" tra i compatrioti e Al-Shaitan Ramadi, il "diavolo di Ramadi" tra gli iracheni.
In guerra Chris troverà anche il suo doppio: il cecchino Mustafa, ex campione olimpico siriano, prestato alle truppe irachene.
Imprendibile, inavvicinabile, sfuggevole, invisibile, sarà la sua ossessione. La molla che lo fa tornare in battaglia e lasciare da parte i pianti della moglie, la crescita dei due figli. Mustafa è la personificazione del suo tormento.
I suoi compagni cadono, le convinzioni di Chris vengono minate in sottofondo, ma lui non riesce a comprenderlo, arriva al caos.
Non può uccidere quello che non può vedere, ma solo quando non vede riesce a raggiungere il suo obiettivo e tornare a casa.
Niente può tornare come prima, i bombardamenti lo seguono fino in America, la morte assilla le sue notti, la sua violenza repressa scoppia al primo movimento brusco.
Credeva la sua personalità forte e invece essa gli si sgretola davanti. La sua guerra non è finita, ma non ha più senso andare avanti, può solo tornare indietro e riproporre sul figlio il modello impostogli dal padre.
Il regista, Clint Eastwood, vuole raccontarci, in modo crudo (anche se con qualche sbandierata americana), la vita di quello che è considerato un eroe americano: coraggioso, senza macchia, né paura, difensore della patria a 360 gradi.
Ma quello che dovrebbe essere, si scontra con l'essere.
La guerra è una guerra giusta per quei soldati, o almeno per alcuni. Altri ne sentono tutto il peso. Uccidere o non uccidere un bambino equivale a difendere o non difendere la patria, il "paese più bello del mondo", il "paese della libertà".
Non c'è scelta. Ma la sofferenza della decisione "giusta" è devastante.
Il lato umano del nemico sembra essere oscurato dalla sua ferocia: la madre da una granata al bambino e quando lui è a terra non spende neanche uno sguardo sul suo cadavere, ma gli prende la granata e corre ad uccidere gli invasori.
Chris deve confrontarsi con le macabre conseguenze della guerra, con tutta la sofferenza che comporta. Sofferenza che manda in pezzi la sua integrità, sgretola i suoi punti fermi.
Il dramma, sempre più profondo, cresce durante tutto il film e raggiunge il tono della tragedia nel finale.
Trailer:
Si è appena sposato con la donna della sua vita(quasi irriconoscibile Sienna Miller), ma non vede l'ora di partire per difendere il gregge.
Durante le missioni, compie azioni "gloriose", salvando molti dei suoi commilitoni stando appollaiato su un tetto col fucile puntato contro ogni ipotetico pericolo.
Uccide così tanti "nemici"(più di 200), da guadagnarsi il titolo di "leggenda" tra i compatrioti e Al-Shaitan Ramadi, il "diavolo di Ramadi" tra gli iracheni.
In guerra Chris troverà anche il suo doppio: il cecchino Mustafa, ex campione olimpico siriano, prestato alle truppe irachene.
Imprendibile, inavvicinabile, sfuggevole, invisibile, sarà la sua ossessione. La molla che lo fa tornare in battaglia e lasciare da parte i pianti della moglie, la crescita dei due figli. Mustafa è la personificazione del suo tormento.
I suoi compagni cadono, le convinzioni di Chris vengono minate in sottofondo, ma lui non riesce a comprenderlo, arriva al caos.
Non può uccidere quello che non può vedere, ma solo quando non vede riesce a raggiungere il suo obiettivo e tornare a casa.
Niente può tornare come prima, i bombardamenti lo seguono fino in America, la morte assilla le sue notti, la sua violenza repressa scoppia al primo movimento brusco.
Credeva la sua personalità forte e invece essa gli si sgretola davanti. La sua guerra non è finita, ma non ha più senso andare avanti, può solo tornare indietro e riproporre sul figlio il modello impostogli dal padre.
Ma quello che dovrebbe essere, si scontra con l'essere.
La guerra è una guerra giusta per quei soldati, o almeno per alcuni. Altri ne sentono tutto il peso. Uccidere o non uccidere un bambino equivale a difendere o non difendere la patria, il "paese più bello del mondo", il "paese della libertà".
Non c'è scelta. Ma la sofferenza della decisione "giusta" è devastante.
Il lato umano del nemico sembra essere oscurato dalla sua ferocia: la madre da una granata al bambino e quando lui è a terra non spende neanche uno sguardo sul suo cadavere, ma gli prende la granata e corre ad uccidere gli invasori.
Chris deve confrontarsi con le macabre conseguenze della guerra, con tutta la sofferenza che comporta. Sofferenza che manda in pezzi la sua integrità, sgretola i suoi punti fermi.
Il dramma, sempre più profondo, cresce durante tutto il film e raggiunge il tono della tragedia nel finale.
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