Jerry, direttore vendite di una concessionaria, si trova al lastrico: per ottenere soldi facili decide di ingaggiare due malviventi per rapire la moglie e far pagare il riscatto al ricco e burbero suocero.
Il piano però viene gestito in maniera approssimativa e le conseguenze saranno davvero tragiche.
Con Fargo si ha la sensazione che i fratelli Coen pongano una stesura dei capisaldi del loro cinema, caratteristico e diretto, con sequenze che rivedremo spesso nei loro film futuri.
Le situazioni e i personaggi oscillano in un equlibrio davvero precario che cambia continuamente stile e tono: le linee tra il comico e il tragico, tra il calcolo e la casualità, tra buoni e cattivi, sono così sottili da permettere una continua compenetrazione di (non) valori, in cui nessun personaggio riesce ad esprimere una valenza davvero positiva (o negativa).
La visione della realtà che ne emerge non può nemmeno essere definita troppo caricaturale, perché i Coen sono abili nel non cadere mai nella tentazione del macchiettismo, nemmeno con la coppia di malviventi che pure si presterebbe all'ennesima riproposizione del gatto e della volpe (il piccoletto che non sta mai zitto affiancato dal burbero bestione).
A differenza di Tarantino, però, per i Coen la violenza non è finalizzata all'eccesso visivo, ma costruisce un universo di immoralità più sfaccettato, del quale anche il sereno distacco di Marge e il cinismo di Jerry Lundegaard fanno parte.
Interpretata da un ottimo William Macy la figura di Jerry, che ha la continua pretesa di essere più furbo degli altri, risulta quasi irritante e paradossalmente più cinico dei rapinatori, nonostante l'apparenza impacciata.
Tirando le somme, emerge che in questo film non c'è un personaggio completamente positivo: il premio Oscar McDormand è una poliziotta atipica, serena e senza un passato tormentato, né è mossa da una catartica sete di giustizia; si trova, semplicemente, in una giornata di lavoro come tante altre, tra ingorde mangiate causate dalla gravidanza e un pensiero all'apatico marito.
Di indubbia originalità, i personaggi di Fargo sono il frutto di una sceneggiatura brillante in cui gli eventi, consapevolmente, si dipanano più per congiunture che per progetti. Il risultato è una vacuità di fondo al limite dell'assurdo. Ma un assurdo dai tratti maledettamente realistici.
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