"Dal profondo della notte che mi avvolge,
Buia come un pozzo che va da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per l'indomabile anima mia.
Nella feroce stretta delle circostanze
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo d'ira e di lacrime
Si profila il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima."
Invictus è il poema di William Ernest Henley che ha dato sostegno a Madiba durante i 26 anni di prigionia.
Di qui, il titolo del film di Clint Eastwood con Morgan Freeman e Matt Damon, basato sul romanzo di John Carlin, Ama il tuo nemico.
Sud Africa, Mandela (Morgan Freeman) si è appena insediato come presidente e l'eliminazione dell'apartheid è ancora fresca.
La nazionale di rugby, gli Springboks, capitanati da François Pienaar (Matt Damon), è stata da poco riammessa alle competizioni internazionali, dopo un decennio di boicottaggio.
Storicamente composta di soli afrikaner, era odiata dai neri che, quando era in vigore l'apartheid, venivano relegati nelle peggiori posizioni dello stadio e, esasperati, finivano per tifare la squadra avversaria.
Nei mondiali del 1995, Mandela vede una buona occasione per saldare il legame tra la popolazione bianca e nera e per affermare il Sud Africa come nazione unita davanti al mondo.
Decisivo sarà l'epico scontro con i temutissimi All Blacks.
La vittoria degli Springbroks diventa il simbolo della fine delle divisioni razziali attraverso lo sport: la maglia verde-oro della squadra che per la popolazione nera, significava oppressione e disperazione, diventa ora il vessillo dell'integrazione.
La chiave del film è la capacità di perdonare e andare avanti, insieme, più forti di prima.
La partita tra odio e perdono si gioca su un campo di rugby.
Morgan Freeman riesce a rendere il carisma irresistibile del presidente sudafricano, non a caso, lo stesso Mandela, di cui l'attore era amico di vecchia data, aveva dichiarato che solo lui avrebbe potuto interpretarlo.
Il film lascia quasi il biopic in sordina, la lotta politica sembra essere solo lo sfondo, e fa prevalere l'azione, le lotte e le vittorie della squadra sul campo che sono metafora del cammino verso la conquista dell'uguaglianza e del coraggio di perdonare senza abbandonarsi alla vendetta.
La regia di Clint Eastwood è asciutta e spartana, eppure efficace.
Trailer:
La nazionale di rugby, gli Springboks, capitanati da François Pienaar (Matt Damon), è stata da poco riammessa alle competizioni internazionali, dopo un decennio di boicottaggio.
Storicamente composta di soli afrikaner, era odiata dai neri che, quando era in vigore l'apartheid, venivano relegati nelle peggiori posizioni dello stadio e, esasperati, finivano per tifare la squadra avversaria.
Nei mondiali del 1995, Mandela vede una buona occasione per saldare il legame tra la popolazione bianca e nera e per affermare il Sud Africa come nazione unita davanti al mondo.
Decisivo sarà l'epico scontro con i temutissimi All Blacks.
La vittoria degli Springbroks diventa il simbolo della fine delle divisioni razziali attraverso lo sport: la maglia verde-oro della squadra che per la popolazione nera, significava oppressione e disperazione, diventa ora il vessillo dell'integrazione.
La chiave del film è la capacità di perdonare e andare avanti, insieme, più forti di prima.
La partita tra odio e perdono si gioca su un campo di rugby.
Morgan Freeman riesce a rendere il carisma irresistibile del presidente sudafricano, non a caso, lo stesso Mandela, di cui l'attore era amico di vecchia data, aveva dichiarato che solo lui avrebbe potuto interpretarlo.
Il film lascia quasi il biopic in sordina, la lotta politica sembra essere solo lo sfondo, e fa prevalere l'azione, le lotte e le vittorie della squadra sul campo che sono metafora del cammino verso la conquista dell'uguaglianza e del coraggio di perdonare senza abbandonarsi alla vendetta.
La regia di Clint Eastwood è asciutta e spartana, eppure efficace.
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