Lucas è un apprezzato insegnante in un asilo, è divorziato e ha un figlio (Marcus) che vede raramente.
Egli è un persona mite, ben inserita nel contesto sociale della sua comunità, adorato e rispettato dai colleghi e dai bambini ai quali insegna.
L'apparente armonia, però, viene prontamente interrotta quando, Klara (figlia di uno dei più cari amici di Lucas), confessa alla preside di aver subito molestie sessuali dal suo insegnante.
In realtà, l'unica "colpa" del protagonista, è stata quella di aver rifiutato un regalino da parte della bimba, e di non aver assecondato le sue eccessive richieste di attenzioni.
La vicenda, si gonfia enormemente all'interno dell'asilo (all'inizio) per poi diffondersi tra i genitori dei bambini e all'interno dell'intera comunità alla fine.
Il germe del sospetto non risparmia praticamente nessuno e anche gli altri bambini, "vittime"dell'influenza dei propri genitori, iniziano a confessare abusi che in realtà non sono mai stati consumati.
Inizia, così, una feroce persecuzione nei confronti del protagonista: viene licenziato, abbandonato dagli amici e dalla nuova compagna, gli viene negato persino l'ingresso nei negozi, pena pestaggi o umiliazioni.
Il quadro di ipocrisia, moralismo esasperato ed accuse senza diritto di replica, è incorniciato da un'atmosfera natalizia che rende il tutto ancora più opprimente ed ansiogeno.
In questo contesto, viene messa in evidenza la condizione della vittima sacrificale, che affronta la sua situazione con dignità e determinazione nel dimostrare la sua innocenza.
Nel corso del processo a suo carico, emerge che le dichiarazioni rilasciate dai vari bambini sono confusionarie e discordanti (dichiarano il consumo di abusi nello scantinato della casa di Lucas, peccato che la casa di Lucas non abbia uno scantinato) a dimostranza dell'innocenza di Lucas. Anche Klara, alla fine, confessa che le sue parole erano frutto di fervida immaginazione.
La pace sembra ristabilita e le amicizie rinnovate, ma solo apparentemente: la macchia del sospetto penderà per sempre sulla testa di Lucas; la scena di caccia nel finale ne è l'emblema.
Vinterberg ha il merito di confezionare un ottimo film, sotto tutti i punti i vista; ha sopratutto il gran merito di vedere le cose da un'ottica differente: si tende infatti a vedere i bambini come oracoli di verità, innocenti e senza macchia; probabilmente, il più delle volte è vero, ma vanno anche loro considerati come esseri con le loro virtù ma anche piccoli vizi.
Nella sua precedente fatica cinematografica "Festen", invece, la prospettiva era ribaltata: era infatti un minore la vera vittima di abusi a non essere creduta dai propri genitori.
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